"C'era una volta un pianeta, sul quale non era concesso essere sgarbati o prepotenti. Era abitato da persone che avevano un cuore grande, pieno di buoni sentimenti e di tanto, tanto amore."
È così che immagino il mio mondo ideale: un posto in cui non aver paura di essere feriti o di ferire. Perché a volte, senza accorgercene, siamo i primi ad infrangere le regole del cuore. Siamo in pochi che ancora credono nel potere delle buone maniere, nel rispetto, nell'altruismo. Un tempo mi vergognavo e quasi ripudiavo il mio lato sensibile. Poi decisi di farne un punto di forza perché, in un mondo che purtroppo non è quello ideale, essere sensibile significa essere diversi dalla massa e quindi, unici. Sono una che non ha paura di dire grazie o di fare un complimento quando qualcuno riesce a stupirmi. Traggo positività da chi ha qualcosa da insegnarmi e sono per le brutte verità anziché le belle bugie.
Oggi il mio piccolo Leo mi ha detto che a scuola hanno imparato le parole gentili e allora la giornata è stata all'insegna del "mamma per favore / grazie mamma!". Sempre oggi sentivo che nella lingua italiana tendiamo a fare sempre più ricorso agli avverbi, a volte anche in modo sbagliato. Tuttavia ci piacciono tanto, danno un tono aulico ai nostri discorsi e riempiono i vuoti.
Che dire, non potrebbero essere proprio loro, le "parole gentili", a guadagnare l'importanza che, ad esempio, riserviamo agli avverbi? Queste non costano nulla ma vi accorgerete di aver dato qualcosa. Forse, farete sorridere quella persona che, mamma mia, è sempre così triste. O ancora, darete un pizzico di autostima a chi pensava di non valere nulla. Vi sembra poco? Una rivoluzione quasi sociale, oltre che linguistica. Allora usiamole queste parole, ripetiamole se ce n è bisogno, abusiamone. Alla faccia di quegli avverbi e di quei vuoti. Alla faccia, soprattutto, di chi pensa che un grazie possa essere implicito in uno sguardo o in un gesto.